Ogni anno in Italia si contano centinaia di incendi domestici causati da impianti a biomassa installati o mantenuti male.
Camini, stufe e caldaie a legna o pellet possono diventare una bomba a orologeria se la canna fumaria non è progettata e gestita correttamente.

La nuova norma UNI 10683:2022 ha un obiettivo chiaro: ridurre al minimo il rischio di incendio garantendo installazioni e manutenzioni a regola d’arte.
Vediamo cosa prevede e perché seguirla significa dormire sonni tranquilli.


1. La canna fumaria è un impianto, non un accessorio

Il sistema di evacuazione dei fumi (SEPC) è parte integrante dell’impianto di riscaldamento.
Ogni generatore – che sia una stufa, un caminetto o una caldaia – deve essere collegato a una canna fumaria idonea, certificata e conforme.
Scarichi a parete, condotti improvvisati o materiali non adatti sono vietati: lo scarico deve sempre avvenire a tetto, con quote di sbocco precise e lontane da aperture o superfici combustibili.


2. Distanze e materiali: la barriera contro le fiamme

L’errore più comune? Installare troppo vicino a pareti o travi in legno.
La UNI 10683 stabilisce che:

  • le distanze dai materiali combustibili devono rispettare la classe G del prodotto (es. G50 = 50 mm di distanza minima);
  • attraversamenti di tetti o pareti in legno devono essere realizzati con elementi coibentati certificati;
  • ogni tratto orizzontale o curva deve essere limitato e accessibile per la pulizia.

Una canna fumaria correttamente coibentata non solo evita surriscaldamenti, ma riduce anche la formazione di condensa e la corrosione.


3. Prevenzione incendi: la norma parla chiaro

Il locale in cui si trova l’apparecchio non può essere a rischio incendio (niente depositi di legna o vernici).
È ammesso uno stoccaggio massimo di 1,5 m³ di combustibile.
Inoltre, tutti gli apparecchi installati nello stesso ambiente vanno considerati come un unico impianto ai fini della potenza complessiva: un dato che incide sulle valutazioni antincendio.


4. Ventilazione e tiraggio: aria pulita, fuoco sicuro

Ogni stufa ha bisogno di “respirare”.
La ventilazione del locale è obbligatoria, a meno che l’impianto non sia stagno (aria comburente prelevata dall’esterno).
L’assenza di ventilazione o cappe aspiranti non bilanciate può generare depressione nel locale e provocare il riflusso dei fumi: un rischio mortale.
La norma impone che la depressione massima sia non oltre -4 Pa, valore verificabile con la prova di ventilazione (Appendice J della UNI 10683).


5. Manutenzione: la vera assicurazione

Il miglior modo per dire mai più incendi è la manutenzione periodica.
La norma prevede controlli ogni:

  • 2 anni per stufe a pellet o caminetti a legna;
  • 1 anno per termostufe, caldaie e impianti idronici;
  • prima dell’accensione, se l’impianto è rimasto fermo per oltre due anni.

La pulizia deve essere fatta da un operatore abilitato (DM 37/08) e documentata nel rapporto di controllo e manutenzione (Appendice F).
Una canna fumaria sporca o ostruita è la principale causa di incendi da fuliggine.


In sintesi

  • Evacuazione solo a tetto, mai a parete.
  • Distanze e materiali certificati secondo UNI EN 1856.
  • Locale idoneo, ben ventilato, senza materiali combustibili.
  • Manutenzione regolare e documentata.

Conclusione

“Mai più incendi” non è uno slogan, ma un metodo: progettare, installare e mantenere secondo la UNI 10683:2022.
Chi sceglie la sicurezza oggi, risparmia domani.
Una canna fumaria certificata è il cuore invisibile di ogni impianto a biomassa — ed è lì che nasce la tranquillità.